La costruzione della posizione finanziaria netta nelle valutazioni d’azienda
 
 
 

a cura del Dott. Luigi Troli – Dottore Commercialista Revisore dei conti

La costruzione della posizione finanziaria netta nelle valutazioni d’azienda (1° parte)


La posizione finanziaria netta è una grandezza significativa nelle valutazioni effettuate con molteplici criteri quando vengono applicati secondo un approccio Asset side. Non sempre però il valutare presta la necessaria attenzione a costruire correttamente la PFN che dovrebbe includere tutto il debito finanziario contratto dall’azienda. Tale debito dovrebbe essere rappresentato non dal valore di bilancio ma da quello corrente.
Il presente lavoro si propone di fare ordine su questo, riassumendo le differenti tipologie di debiti da includere nella PNF e delineando le metodologie da seguire per esprimerli correttamente.

La rilevanza della posizione finanziaria netta nelle valutazioni d’azienda
Il fine ultimo di ogni valutazione d’azienda è la stima del valore del capitale economico, ovvero l’espressione a valori correnti di mercato del patrimonio netto contabile, o se si preferisce dell’investimento compiuto dalla proprietà a prescindere dalla forma giuridica attraverso la quale viene esercitata l’attività d’impresa.
Il percorso che porta al risultato finale non è univoco.
La teoria riconosce, infatti, due approcci diversi:
1. l’approccio Equity side determina direttamente il valore del capitale economico (Equity Value);
2. l’approccio Asset side determina preliminarmente il valore dell’impresa (Asset Value) e, successivamente, per sottrazione della Posizione Finanziaria Netta (PFN) previene l’Equity Value.
La differenza tra i due approcci è più sensibile nell’applicazione di alcuni metodi valutativi rispetto agli altri.
Il metodo patrimoniale è praticamente indifferente alla scelta, posto che per tutte le voci di stato patrimoniale – attività e passività – si dovrà procedere al riallineamento ai valori correnti. L’eventuale evidenziazione dell’Asset Value è solamente un risultato intermedio, ma non un diverso approccio metodologico.
Considerazioni differenti valgono per il metodo Dcf. I misti patrimoniali reddituali e le valutazioni comparative per le quali, invece, la scelta tra un approccio e l’altro non è indifferente sul risultato finale, modificandosi i parametri e le ipotesi sottostanti la valutazione.
L’adozione di un approccio Asset Side impone l’attualizzazione dei flussi unlvered, ovvero della gestione operativa (Fcfo), che non includono le uscite finanziarie per interessi, dividendi e rimborsi di capitale e le entrate da finanziamenti ricevuti da un tasso di attualizzazione (Wacc) che considera il costo del debito e del capitale proprio. Il valore che si ottiene è un Asset Value dal quale, sottraendo la PFN si ottiene l’Equity Value.
Al contrario l’approccio Equity side richiede che vangano attualizzati i flussi netti a disposizione della proprietà (flussi levered, FCFE) ad un tasso espressivo del solo costo del capitale proprio. In questo caso si otterrà direttamente l’Equity Value.
Riflessioni analoghe valgono per le valutazioni comparative di mercato (multipli) e per i metodi misti (ad esempio, il metodo Eva è di tipo Asset side mentre il metodo cosiddetto UEC è di tipo Equity side).
La scelta dell’approccio conduce ai medesimi risultati sotto ipotesi teoriche molto restrittive difficili da riscontrare nella realtà (perpetuity del debito e dei flussi attesi). Quanto accade è, invece, che l’Equity Value stimato con un approccio Asset side diverga da quello risultante da un approccio Equity side a causa delle ipotesi formulate con riferimento al debito finanziario attuale e previsto.
Il contenimento di tali divergenze è anche funzione dell’attenzione con la quale è stata costruita la Pfn, per cui un approfondimento circa le più corrette modalità di calcolo di quest’ultima trova sicuramente giustificazione nell’intento di costituire un corretto impianto valutativo.

La Pfn: metodologie di calcolo
La Pfn è pari alla somma di tutte le passività di natura finanziaria dell’impresa da valutare al netto delle disponibilità liquide e delle attivita’ ad esse assimilabili (cash equivalent nell’accezione anglosassone). Ne deriva che la PFN è, in prima istanza, il risultato di una riclassificazione dello stato patrimoniale secondo il criterio della pertinenza gestionale che distingue:
1. attività e passività di natura operativa che costituiscono il capitale investito operativo dell’impresa;
2. passività e attività di natura finanziaria che formano la PFN;
3. patrimonio netto che sommato alla PFN costituisce le fonti di finanziamento del capitale investito.
Le passività da includere nella PFN sono pertanto tutti i debiti nei confronti del mercato finanziario (finanziamenti bancari e prestiti obbligazionari quotati sui mercati regolamentati) e altri finanziatori, quali a esempio i soci.
Non è rilevante il criterio della scadenza per cui figurano nella PFN tutti i debiti finanziari, sia a breve sia a medio e lungo termine.
Al fine di comprendere meglio le criticità implicite nella costruzione della PFN, le diverse voci sono raggruppate nel seguente modo:
1. debiti finanziari risultanti in bilancio;
2. debiti finanziari non risultanti in bilancio che devono essere ricostruiti dal valutatore;
3. debiti originariamente di natura operativa che possono diventare finanziari e quindi essere inclusi nella PFN;
4. debiti verso i soci per i quali l’inclusione nella PFN deve essere valutata caso per caso.

I debiti finanziari risultanti in bilancio
Figurano all’interno di questa categoria, in primo luogo, i mutui e i finanziamenti a medio e lungo termine erogati dall’impresa dal sistema bancario.
In bilancio è rappresentato il valore residuo del finanziamento, che nel caso di strutture di rimborso ad ammortamento sarà normalmente inferiore al capitale preso a prestito, mentre nelle strutture bullet (ovvero con rimborso integrale a scadenza) viene a coincidere.
Sono ugualmente da considerare i debiti bancari a breve termine che tipicamente sono riconducibili:
1. alle anticipazioni a breve termine (si ricorda che il sistema bancario considera a breve termine il debito scadente entro diciotto mesi e non dodici) che riguardano tipicamente (anche se non solo) il finanziamento del capitale circolante;
2. alle aperture di credito in conto corrente.
È importante notare che il valore da assumere è quello alla data di riferimento della stima, per cui il valore di bilancio può essere utilizzato solo in coincidenza di date; in caso contrario è necessario che il valutatore richieda un aggiornamento dei valori.
In presenza di forte stagionalità delle vendite, può accadere che la data di riferimento della valutazione possa essere fuorviante in quanto il debito a breve risulta eccessivamente ridotto o elevato.
La soluzione non infrequente nella prassi, di considerare un valore medio annuo (ad esempio calcolando il valore medio dei saldi di fine mese) può essere ritenuta accettabile, ma deve risultare chiaramente che le oscillazioni dipendono da condizioni fisiologiche e non sono effetto di disequilibri aziendali.
Ulteriore categoria è quella dei prestiti obbligazionari che, analogamente ai casi precedenti, dovranno essere considerati per l’importo residuo alla data di riferimento della stima.
Alcune criticità sorgono quando il titolo obbligazionario è un “ibrido”, ovvero unisce allo strumento di debito anche altri prodotti finanziari. Il caso tipico è quello delle obbligazioni convertibili che sono un pacchetto venduto congiuntamente di due strumenti diversi, l’obbligazione pura e una opzione call sulle azioni della società emittente. Un approccio molto rigoroso al trattamento di questa posta richiederebbe la stima del valore separato di entrambe le componenti, ma l’approccio più seguito nella prassi e ritenuto accettabile è quello della “fully dilution”.
Se l’obbligazione è convenientemente convertibile (ovvero il prezzo corrente dell’azione è superiore a quello di conversione) allora l’intero valore residuo del prestito viene escluso dalla PFN e considerato nell’Equity Value; al contrario se l’obbligazione non è convenientemente convertibile è parte della PFN.
Il limite di questo procedimento è che al momento della stima potrebbe non essere possibile la conversione che è rinviata a una finestra temporale successiva quando potrebbero essersi modificati i prezzi di mercato.
Infine, rimane da considerare un aspetto comune a gran parte degli strumenti riportati. L’obiettivo della stima è quello di ricostruire i valori di mercato sia dell’attivo (Asset Value) sia del passivo (PFN) per cui quest’ultima dovrebbe riflettere valori correnti e non storici.
È frequente che nei report di valutazione sia indicato che si assume che il valore di mercato della Pfn coincida con quello di bilancio. Tale assunzione deve essere verificata nel caso di debiti a medio/lungo termine a tasso fisso.
Si supponga il caso di un finanziamento con scadenza tra tre anni per 100.000 euro, con cedola annuale contrattualmente determinata pari al 3%. Se è noto che sul mercato il tasso corrente per tale tipologia di debito è, in accordo con la struttura a termine dei tassi, pari al 5%, un’opportuna modalità di valorizzazione del debito dovrebbe utilizzare quest’informazione definendo il debito come il risultato della seguente equazione:

Vd= 3.000 + 3.000 + 3.000 = 94.554 (1+5%) (1+5%)2 (1+5%)3

Vd ovvero il valore di mercato del debito è pari al valore attuale dei flussi di pagamenti previsti nei prossimi tre anni che equivalgono al pagamento degli interessi per 3.000 euro e al rimborso a termine del capitale per € 100.000. Ne deriva che poiché il tasso corrente di mercato (5%) è superiore a quello nominale del finanziamento (3%), l’impresa beneficia di un vantaggio, pagando il debito meno di quello che dovrebbe rinegoziando oggi il debito. La differenza tra il valore da rimborsare a termine (€ 100.000) e il valore corrente (€ 94.554) è parte dell’Equity Value sicché nella PFN verrà iscritto il finanziamento solamente per € 94.554.