la via della seta
 
 
 

A cura di Luca Salvi

Via della seta: grande progetto di sviluppo economico o colonizzazione cinese?


Chi ancora pensa che la Nuova Via della Seta sia un nostalgico revival delle antiche avventure eurasiatiche di Marco Polo rimarrà deluso. La Belt and Road Initiative (BRI) di cui si parla da anni, è il più colossale piano economico-diplomatico di sempre.

Si tratta del programma, risalente all’anno 2013, del Governo Cinese per finanziare, con 1.000 miliardi di dollari, investimenti infrastrutturali in tutti gli angoli del pianeta: dall’Africa alla Russia, dall’Europa all’India.

Un piano partito da tempo come rileva un report del Center for Strategic and International Studies (CSIS) secondo il quale alla fine del 2018 erano già stati finanziati 173 grandi progetti in ben 45 Paesi.

Come ad esempio l’acquisizione da parte della cinese Cosco del 51% della società che gestisce il porto del Pireo; uno dei principali sbocchi sul mediterraneo, dunque, è già controllato dal Governo Cinese. Roba da mettere i brividi.

Esistono tre rotte terrestri che creano sei corridoi della BRI. La prima parte dal nord est della Cina e arriva all'Europa continentale e al Baltico passando dall'Asia centrale e dalla Russia. La seconda parte dal nord ovest della Cina e arriva al Golfo Persico e al Mar Mediterraneo passando per l'Asia centrale e occidentale. La terza parte dal sud ovest dalla Cina e arriva all'oceano Indiano passando per l'Indocina.

Ci sono poi due rotte marittime. La prima che dal mar Cinese meridionale arriva nel sud del Pacifico. La seconda che invece si dirige verso l'Africa e l'Europa attraverso lo stretto di Malacca. Il nostro paese è coinvolto nella tratta marittima, che percorrendo l'Oceano indiano avrebbe proprio nel nostro paese il suo ultimo porto di approdo prima della movimentazione delle merci via terra. I flussi di dollari riguarderanno anche il Triveneto dove saranno finanziati grandi progetti in opere stradali e ferroviarie. Saranno, inoltre, potenziate le infrastrutture aeroportuali e i finanziamenti coinvolgeranno anche progetti per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di energia.

C'è poi il progetto di creare una terza rotta marittima, quella artica, che potrebbe svilupparsi nei prossimi anni grazie allo scioglimento dei ghiacci.

Fortemente voluto dal Presidente della Cina questo insieme di progetti mira, dunque, a realizzare infrastrutture commerciali (strade, aeroporti, ponti) e impianti per la produzione di energia e sistemi di comunicazione con, a detta del Governo Cinese, il solo scopo di incentivare gli scambi tra la Cina e il resto del mondo (la c.d. Cooperazione Globale).

L'Italia è stato il primo Paese del G7 ad aderire ufficialmente alla Belt and Road Initiative e ciò è avvenuto durante la recente visita in Italia del Presidente cinese Xi Jinping, tra il 21 e il 23 marzo, con cui il Premier Conte ha firmato un memorandum d’intesa.

Se dal fronte internazionale Stati Uniti, Giappone e Regno Unito non hanno mai esultato per questo piano anzi più volte e a più riprese hanno fatto sapere, tramite i rispettivi rappresentanti, di essere contrari alla BRI, dall’Unione Europea sono giunte richieste specifiche all’Italia alla prudenza nel valutare bene gli accordi che intende e intenderà sottoscrivere.

Negli intenti della Cina, infatti, c’è la volontà di finanziare attività in Europa, anche sotto forma di prestiti, per lo sviluppo sia di porti che di collegamenti ferroviari efficienti e moderni, oppure immettendo soldi per acquistare oppure per accedere nella compartecipazione della gestione di aziende statali europee.

Prudenza che deriva dal rischio di veder spostare il baricentro economico del nostro Paese e con esso dell’Intera Europa verso l’asse orientale e che la Cina arrivi ad acquisire il controllo di importanti e strategiche aree di influenza in settori che potrebbero mettere in crisi non solo la nostra economia ma anche la sicurezza nazionale.

La Lega, tramite il suo leader Salvini, ha ripetuto che “bisogna stare molto, molto attenti al rischio di mettere a disposizione di investitori stranieri infrastrutture vitali per l’Italia, penso ai dati, alle reti, ai porti, agli aeroporti. Aprire nuovi mercati alle imprese italiane e agli imprenditori italiani è fondamentale, però bisogna tutelare l’interesse nazionale e la sicurezza nazionale. L’auspicio è che l’accordo non preveda investimenti cinesi in settori strategici nazionali”.

Il premier Conte ha, tranquillizzato tutti, ribadendo la massima attenzione e che “quale sia l'accordo non sarà nulla di vincolante”.