La grande truffa
 
 
 

A cura di Luca Salvi

La grande truffa


A che punto siamo con il rimborso ai “truffati delle banche”?

La notizia di alcuni giorni fa è che il decreto del Governo ha previsto che il rimborso sarà automatico per chi ha una ricchezza mobiliare inferiore a 200mila euro, mentre per i più benestanti ci sarà un arbitrato.

Manca però la ratifica del Parlamento e una pronuncia non impugnativa della Commissione Europea.

Le risorse stanziate per gli indennizzi previsti dalla legge di bilancio 2019 ammontano a 525Mln di euro annui per il triennio 2019-2021 e riguardano tutti i risparmiatori vittime della liquidazione forzata attuata dalle Banche in crisi nel periodo compreso tra novembre 2015 e gennaio 2018.

Finalmente! Era ora! Possiamo dirlo a voce alta.

Una riflessione, però, sorge spontanea. È mai possibile che in un paese che stanzia un miliardo e mezzo di euro per rimborsare il popolo dei “truffati” non vi sia ancora un solo, e dico uno, condannato per truffa?

È curioso come, tra i pochissimi vertici bancari indagati, i reati contestati sono per lo più inerenti a “ostacolo alla vigilanza” e “falsa rappresentazione in prospetto”. D’accordo, sono pur sempre reati ma decisamente difficili da accertare e, da profano, ritengo che richiederanno anni e anni per la ricerca di prove.

A pensar male spesso ci si azzecca: vuoi vedere che la prescrizione arriverà puntuale come un orologio svizzero e cancellerà tutte le immonde vicende così tanto faticosamente raccolte in migliaia e migliaia di pagine?

Quello che stupisce maggiormente, poi, è che gli unici imputati per truffa sono i “poveri” dipendenti degli istituti di credito coinvolti. Spesso inconsapevoli dei rischi? Costretti a piazzare i titoli spazzatura ad altrettanti inconsapevoli risparmiatori? Per la maggior parte di loro propenderei per un sì anche se risulta veramente poco credibile che persone dedite alla consulenza su credito e risparmio non fossero in grado di capire o intuire quale fosse il reale stato di salute della propria azienda.

Se pensiamo solo un minuto all’efficientissima attività di intelligence che la banca svolge quando presentiamo una richiesta per un piccolo fido o per il rilascio di una carta di credito (storicità del cliente che viene vivisezionata fino a secoli indietro, centrale rischi con accesso a immense banche dati, informazioni su vita familiare e non, visure catastali su prima casa seconde case ecc.) come possiamo non pensare al fatto che le stesse banche avrebbero benissimo potuto indagare su comportamenti lesivi dei propri dipendenti o addirittura verificare caso per caso le posizioni dei propri clienti.

Agli Istituti di credito sarebbero sicuramente bastati pochi giorni per accertare sia eventuali comportamenti colposi dei propri dipendenti sia le generalità degli incauti investitori o degli avidi speculatori, il tutto senza andare a intaccare le finanze pubbliche (le nostre appunto).

Ecco, forse, spiegato il velo di silenzio sull’intera faccenda.