A cura di Mascia Mancini

Il coaching non funziona (quando?)


Sono una coach professionista e mi rendo conto che oggi la parola “coach” è una delle più abusate che tu abbia probabilmente preso in considerazione.

Con questo editoriale non voglio dirti perché devi avere un coach, ma perché non devi assolutamente prenderlo in considerazione. Ti voglio spiegare per quale buona ragione un coach non ti serve e soprattutto il coaching non fa per te.

Sono fuori di testa? Sì, un po’ di sicuro, perché da coach voglio parlare del motivo per cui ci si rivolge a un coach – soprattutto in area aziendale a un business coach – e poi si arriva a pensare «Non funziona, non serve e non vale».

Ora seguimi bene, perché se hai anche uno solo di questi elementi devi stare lontanissimo dall’idea di avere un coach con te.

Non rivolgerti a un coach se:

1. Tutto funziona come vorresti e pensi che quello che fai lo fai benissimo. Non hai alcun bisogno e nessuna voglia di migliorarlo ulteriormente, perché speri che continui ad andare al 100% grazie al tuo lavoro e a un pizzico di fortuna.

2. Tutto va male, ma tutto sommato non così male. Perché alla fine conosci il problema, stai provando a risolverlo, hai chiamato i tuoi consulenti finanziari, di gestione, di controllo e di comunicazione e da uno di loro (o tutti insieme) una soluzione deve pur venire fuori “come un coniglio dal cilindro” mentre tu continui a fare tutto ciò che hai sempre fatto.

3. Ne sai di più del tuo settore e della tua attività e certamente hai ragione. Magari pensi che un coach ti dica cosa devi fare dandoti la ricetta e le soluzioni per ogni problema e che soprattutto sia un gigante che, con la sola imposizione della parola e del pensiero, cambierà la testa dei tuoi manager facendo miracoli impensabili.

4. Pensi che un coach possa fare al posto tuo le scelte prendendosi la responsabilità che hai avuto fino a ieri.

5. Credi che un coach possa aiutarti a risolvere i tuoi problemi di gestione risorse umane e relazioni con i clienti senza che tu metta in discussione, in senso positivo, quello che senti essere naturale per te: «Io ho sempre fatto così», «abbiamo sempre reagito così», «io sono fatto così».

6. Credi che un coach sia una sorta di attivatore di cambiamento e spinga i pulsanti della tua motivazione facendoti modificare atteggiamento e relazione in poco tempo, mentre tu di punto in bianco non devi nemmeno più pensare a come parlare.

7. Pensi che le cose non cambieranno mai e che le persone «Se nascono tonde non muoiono quadrate», perciò rischi solo di avere ragione.

8. Se pretendi che il coach ti dica cosa fare, come farlo ed entro quando farlo, che lo faccia pure al posto tuo e che tu possa essere un agente passivo di questo intero processo chiamato “coaching”.

Se pensi anche una sola di queste cose, allora il coaching non fa per te!

Perché il coaching lo fai anche tu: sei parte del processo, del progresso, della trasformazione e della crescita. Un coach non crea dipendenza, non fa al tuo posto e non ti dice cosa devi fare.

Un coach ti guida e ti allena a sapere come raggiungere ciò che vuoi nitidamente e chiaramente, a tirar fuori gli attributi, i talenti e le risorse; a sopportare le emozioni e a gestire gli stati d’animo; a incassare il colpo quando arriva sapendo che è temporaneo e c’è ancora spazio per l’opportunità. Ti aiuta a scoprire tutto ciò usando la tua esperienza, la tua vita e la tua conoscenza che forse hai dimenticato perché troppo abituato e affezionato a ripetere sempre gli stessi meccanismi da una vita.

Ok, ma cos’è il coaching?

Nella definizione dell’Associazione Coaching Italia, il coaching è «una metodologia che si basa su una relazione di partnership paritaria tra il cliente e il coach che mira a riconoscere, sviluppare, valorizzare le strategie, le procedure e le azioni utili al raggiungimento di obiettivi operativi collocati nel futuro del cliente».

Siamo così abituati a tradurre coach con “allenatore” che spesso dimentichiamo l’antica origine del termine: carrozza, dal francese coche, il mezzo di trasporto su ruote trainato dai cavalli che ha consentito per primo di accorciare le distanze via terra. Il coaching è proprio questo: un metodo per giungere in modo più veloce e diretto a destinazione.

I principi di base

Il coaching nasce dal mondo dello sport. Molti lo datano a partire dagli anni ’70, con la pubblicazione dei libri di Timothy Gallwey, il primo a mettere nero su bianco i suoi principi di base. L’autore sostiene che le sfide dell’esistenza intera si combattano contemporaneamente in due arene: quella esteriore e quella della mente, dove sconfiggere giorno dopo giorno gli ostacoli che noi stessi, da soli, ci creiamo e che fanno da tappo alla realizzazione del nostro pieno potenziale. La formula del nostro successo, secondo lui, coincide con l’equazione: performance = potenziale – interferenza, dove per aumentare la performance è necessario aumentare il proprio potenziale o ridurre al minimo l’interferenza.

Negli anni ‘80 John Whitmore, ex pilota automobilistico e successivamente psicologo dello sport, ha aperto per primo le porte del business e della carriera professionale ai principi del coaching.

Qualsiasi strada tu scelga il punto di partenza è comunque sempre lo stesso: avere in testa un obiettivo. A prescindere da questo, il coaching ti spronerà a realizzarlo, a farti focalizzare sempre più sul bersaglio, convogliare lì le energie e stimolare il tuo processo creativo per trovare il modo di centrarlo.

A scanso di equivoci: un coach non ti dirà mai cosa fare per ottenere quello che vuoi. «Voglio mettere in piedi una mia azienda», «voglio avere più tempo da dedicare alle strategie d’impresa», «voglio vincere la maratona di New York», «voglio diventare il numero uno della mia azienda», «voglio perdere peso», «voglio una vita sociale molto più stimolante». Ecco dei grandi classici con cui si apre il rapporto con il coach. «E come intendi procedere?», «di cosa hai bisogno per iniziare?» e via dicendo, in modo sempre più circoscritto e dettagliato fino a che un’idea, in apparenza irrealizzabile, o un progetto particolarmente intricato saranno disegnati davanti ai tuoi occhi e avrai tra le tue mani quasi una mappa per raggiungerli. Il coach non afferma, ma domanda. Il cliente non può che replicare e rispondendo al coach inizia ad ascoltarsi e a lavorare su se stesso. Siamo pervasi dalla logica del “deficit” e il coaching serve proprio ad allenarci a cancellare questa brutta abitudine. Ogni essere umano è unico e irripetibile e ha potenzialità inespresse che vanno individuate e stimolate.

In qualche caso non si conosce abbastanza il coaching aziendale per arrivare a pensarlo non tanto come a un “rimedio” per chi è in difficoltà, ma come a un modo tutto sommato semplice e rapido per far eccellere chi è già bravo.

Stando al parere delle principali associazioni, stanno aumentando le richieste in tutti i campi dove è fondamentale un forte controllo dello stress e della concentrazione.

Non esiste una formula soddisfatti o rimborsati, se non ottieni il risultato è una tua responsabilità: sei tu quello che non ha lavorato, non il tuo coach.

Quindi il coaching funziona?

Il coaching è una competenza relazionale basata sul cambiamento.

L’autonomia è un presupposto, mentre l’obiettivo finale è permettere al cliente di migliorare le sue performance attraverso l’espressione del potenziale non utilizzato.

Lavoro meglio se sono io a volerlo fare, non se devo farlo. Se lo voglio fare, è per me; se lo devo fare, è per gli altri. La nostra motivazione dipende dalla libertà di scelta. (John Whitmore)

Se partissimo da questa impostazione, rivoluzionaria per quanto attiene il cosmo delle relazioni d’aiuto, è facile capire perché già nel 2010 il coaching veniva usato dal 93% delle migliori cento aziende americane, dall’82% da quelle inglesi e dal 71% dalle australiane. Il management aziendale richiede il coaching perché lo giudica uno strumento essenziale, utile al cambiamento, al miglioramento e alla crescita; chiede di essere sostenuto nel costruire una visione chiara del futuro e del proprio ruolo all’interno del progetto di sviluppo organizzativo.

L’appeal verso il coaching, tanto per giustificare i risultati nel contesto mondiale, è dato anche dall’estrema misurabilità del metodo (un fatto molto gradito alle persone e alle aziende), nonché dall’assenza di qualsiasi controindicazione – «Male che vada, male non ti farà!», avrebbe detto mio nonno – inoltre il metodo è puntualmente replicabile e il professionista rimane sempre complementare.

I coach non sono tutti uguali ed è facile riconoscere chi millanta il titolo professionale.

È possibile riconoscere un vero coach solo se è in grado di esibire un Attestato di Qualità e Qualificazione professionale in base alla legge 4/2013. Tali professionisti accettano un codice etico e di autoregolamentazione e si sottopongono volontariamente alla verifica delle competenze da parte di un soggetto super partes.

Il coaching non ha nulla a che fare con la formazione, il marketing, il mentoring, il counseling, la psicologia, la consulenza personale e/o aziendale e neanche con il posizionamento strategico, perché l’utilità del coaching viene stabilita dai clienti e non dai formatori! Nel coaching anticipare e interpretare le esigenze del cliente è un errore clamoroso e nella formazione di un coach professionista vige la stessa regola.

Che uno sportivo professionista abbia un coach non solo è normale ma stupirebbe il contrario, che un professionista non sportivo ce l’abbia può invece far alzare il sopracciglio a chi lo viene a sapere. Eppure entrambi sono chiamati a raggiungere obiettivi, a dare il meglio di sé e possibilmente a farlo con soddisfazione personale e non solo per chi li ingaggia.

Il coaching funziona. Oserei dire: funziona sempre. Sempre, purché ci sia la voglia e la disponibilità della persona a mettersi in gioco, talvolta anche in discussione, e iniziare un viaggio alla scoperta del suo pieno potenziale.

Il coaching non “aggiusta” ma fa emergere il valore. Nessuno è “rotto” o “sbagliato”: il ruolo del coach è supportare i clienti nel raggiungere ciò che desiderano o nello scoprire chi possono essere e cosa possono dare quando sono al meglio di sé.

Il coach non dà soluzioni ma aiuta la persona a trovarle da sé. Lo scopo del coach è quello di incoraggiare e potenziare la persona, aiutandola a far emergere le soluzioni che già possiede ma alle quali da solo, a volte, non riesce ad accedere. Come è possibile? Perché da soli ci facciamo sempre le stesse domande (se abbiamo tempo e voglia di farcele) e quindi ci diamo sempre le stesse risposte.

Il coaching trasforma i buoni propositi in azioni concrete e in risultati da apprezzare. Nel rimuginare da soli spesso non verbalizziamo i pensieri e quindi le risposte che possiamo trovare alle nostre domande (sempre uguali) rimangono vaghe e imprecise. Lo sforzo di verbalizzarle, comunicarle e spiegarle a un’altra persona conferisce forma al pensiero facendolo passare dal mondo astratto a quello concreto. Ecco che l’idea può diventare progetto e il progetto una serie di azioni da compiere e di risultati da vedere.

Il coaching stimola il cambiamento.

Il coach stimola il cliente a darsi obiettivi, ad allineare le proprie energie e le proprie risorse per raggiungerli. Se anche sono obiettivi che si aveva chiari da tempo, è possibile che uno non li abbia realizzati perché non li ha mai condivisi con qualcuno che lo aiuti a crederci anche nei momenti più difficili e che lo stimoli a mantenere le promesse che ha fatto a se stesso.

Il coaching dà fiducia e ricarica l’autostima.

Il coach crede autenticamente che il suo cliente abbia in sé tutte le possibilità per raggiungere i suoi obiettivi e per realizzare ciò che lo rende più soddisfatto e realizzato.

Il coaching aiuta a capire se gli obiettivi che uno crede di voler realizzare sono davvero ciò che lo rende più felice.

A volte gli obiettivi possono essere un modo per “scappare via da” invece che “andare verso”. In questo caso il coaching, che aiuta ad aumentare la consapevolezza di sé e la comprensione del contesto nel momento presente, consente di guardare al proprio scopo in modo più obiettivo e di capire se rappresenta davvero la meta desiderata. Il coaching aiuta a capire cosa vuoi veramente.

IL COACHING FUNZIONA. DAVVERO.