dubbio amletico.
 
 
 

a cura di Luca Salvi

Per la Pasqua, il Papa ci ha invitato a ribellarci alle ingiustizie e a non essere pusillanimi; è stato un appello rivolto, soprattutto, ai giovani per esortarli a gridare il proprio dissenso in un mondo che, invece, sembrerebbe volerci silenti, remissivi e rassegnati.

Ma la domanda è un’altra: chi ha davvero il coraggio e la voglia di “ribellione”?

Collegata a questa c’è una questione ancora più complessa e che necessita di una risposta chiara: di che mondo stiamo parlando? O meglio, di quale paese stiamo parlando?

La realtà è che viviamo in un paese distopico e, di questo, dobbiamo farcene una ragione ma fingiamo che tutto vada bene e che tutto sia normale.

Si può davvero definire normale un Paese in cui, dopo lo sconquasso causato dal sostanziale fallimento delle Banche (Mps, Veneto Banca, Etruria, Banca Marche, ecc.) ree, almeno agli occhi dell’opinione pubblica, di aver venduto agli ignari risparmiatori i loro titoli rischiosi, viene dimostrato come questo mercimonio non sia stato in alcun modo regolato e controllato dalle autorità preposte come Banca d’Italia e Consob? Eppure, nulla accade e tutto tace!

Continuiamo. Si vota per istituire una Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul sistema bancario. In sede di votazione, il Parlamento, unanime solo all’apparenza, nomina a presiedere questa commissione Pier Ferdinando Casini, uno tra i più feroci oppositori all’istituzione della commissione stessa. Vi sembra normale? A me proprio no.

Altro che denunciare le ingiustizie; sembra più che si punti a diventarne parte integrante.

Fermiamoci un attimo a pensare, invece, a cosa è successo negli Stati Uniti. Mark Zuckerberg, davanti alla Commissione Energia e Commercio della Camera degli USA, ammette: “My mistake”. Bellissimo; con due semplici parole pone la parola fine a illazioni, interpretazioni e sciacallaggi di ogni sorta. Dice di aver sbagliato, dichiara che è stato un suo errore e che rimedierà. Punto.
Quando mai, in Italia, sentiremo un alto dirigente statale o un alto funzionario di banca pronunciare parole simili?

Soffermiamoci, ora, proprio su Facebook. Nell’ultima settimana, non ho fatto altro che leggere e ascoltare notizie relative a questo social che ci spia.
A me sembra l’ultimo dei nostri problemi visto che abbiamo uno stato onnipotente, onnisciente, onniveggente, che tutto sa di noi, che controlla ogni aspetto della nostra vita; e noi cosa facciamo? Continuiamo a preoccuparci dei social impiccioni… non mi sembra davvero normale. Come anche non è normale il fatto che l’Agenzia delle Entrate possa entrare nei nostri conti correnti, vedere ciò che abbiamo speso, dove, come, quando e con chi… ma noi continuiamo a temere Facebook!

I movimenti delle nostre carte di credito, del bancomat, del Telepass, e potrei continuare, lasciano tracce indelebili dei nostri movimenti: prendono nota del parrucchiere che frequentiamo, dei libri che acquistiamo, quali sport preferiamo, dove andiamo in vacanza…

Persino la semplice tessera del supermercato racconta qualcosa di noi: cosa mangiamo, quale regime alimentare seguiamo, se beviamo vino o superalcolici. Sicuramente, in un futuro anche non molto lontano, verremo aggiornati in diretta, usando il digitale o il satellitare, sul nostro stato di salute o, perché no, sul livello di colesterolo nel sangue.

Lo Stato ha il monopolio della forza, della coercizione legale, degli strumenti di indagine e, per finire, delle leve del potere politico; devasta quotidianamente la nostra dimensione privata e noi di cosa ci preoccupiamo? Di Facebook, naturalmente.
Non siamo un Paese normale!